Perché si manifesti un qualunque effetto tossico è necessario che la sostanza (o un suo metabolita, ossia ciò che risulta dall’assimilazione della sostanza da parte dell’organismo) entri nell’organismo e rimanga in contatto con le strutture cellulari (eventualmente con uno specifico sito bersaglio) in quantità e per un tempo sufficienti (esposizione): si parla quindi di dose soglia.
L’azione tossica si manifesta solo quando vengono superati determinati livelli di concentrazione nell’ambiente e/o in alcuni organi e/o tessuti dell’organismo. Questo discorso vale sia per la tossicità acuta (ossia una tossicità che si manifesta rapidamente, ma che si abbassa proporzionalmente con l’abbassarsi della concentrazione della sostanza tossica) che per la tossicità cronica (ossia una tossicità che si manifesta a lungo termine, con l’esposizione a piccole dosi frequenti). Grazie agli studi tossicologici vengono definiti dei livelli ammissibili nelle varie matrici ambientali in modo da non superare i valori soglia nell’Uomo.
Parlando di tossicità cronica però bisogna fare un discorso diverso, più specifico per la cancerogenicità, la mutagenicità, la tossicità per il ciclo riproduttivo e la teratogenicità (ossia tossicità per il feto in formazione). In questo caso il problema dell’esistenza di una soglia di tossicità, cioè di un livello al di sotto del quale una sostanza non esplica il benché minimo effetto dannoso, è uno dei più controversi della Tossicologia.
Per le sostanze genotossiche, cioè quelle che danneggiano la catena del DNA, si può ipotizzare che anche una sola molecola entrata nell’organismo potrebbe determinare un effetto negativo qualora andasse a colpire il DNA di cellule particolari (es. cellule riproduttive). Sebbene…
… la probabilità dell’evento sia in questo caso estremamente bassa, in questo caso è difficile parlare di soglia di tossicità.
In letteratura scientifica, i valori associati al NOEL (ossia la più alta concentrazione alla quale non si è osservato alcun effetto) e al LOEL (ossia la più bassa concentrazione alla quale si è osservato un effetto), che sono riferiti a specifiche condizioni sperimentali, non rappresentano un effettivo livello di sicurezza né tantomeno un valore-soglia; sono piuttosto un’indicazione della tendenza della sostanza a manifestare tossicità: più il valore è basso, maggiore sarà questa tendenza perché minore sarà la concentrazione sufficiente a dare segni evidenti di tossicità.
Non è quindi del tutto corretto considerare sicura una sostanza con attività mutagena quando utilizzata a concentrazioni inferiori a tali valori, tanto più se è di uso comune, per due ragioni: 1) la dose soglia non si applica per quelle sostanze con sospetta attività genotossica, essendo teoricamente sufficiente già pochissima sostanza per indurre un effetto (anche se per definire per esempio l’ADI, la concentrazione giornaliera accettabile, si applicano fattori di sicurezza in modo da ridurre le dosi soglia ottenute nei vari studi tossicologici); 2) le sostanze dotate di genotossicità sono pericolose in quanto la tossicità si manifesta generalmente a lungo termine, dopo ripetute esposizioni anche a piccole quantità.
Gli agenti mutageni più noti sono i seguenti: raggi X, raggi gamma, raggi cosmici, raggi ultravioletti, varie sostanze chimiche.
[Bibliografia specifica: E.P.Solomon, L.R.Berg, D.W.Martin: Biologia (4a ed., 2006), Edises;
J.Timbrell: Introduction to Toxicology (3rd ed., 2002), CRC Press;
Casarett & Doull’s: Tossicologia (6a ed., 2007), EMSI;
S.Palladini, Appunti da interviste a dr.sse ricercatrici in Mutagenesi].