“I simboli in campo arancione indicano prodotti più pericolosi degli altri”
Queste scritte sono obbligatorie per legge (D.Lgs. 65/2003); la legge ne specifica perfino le dimensioni minime, al fine che siano sempre leggibili. Dal 2015 tutte le aziende dovranno applicare la nuova etichettatura, normata dalle leggi europee REACH (Reg 1907/2006/CE) e CLP (Reg 1272/2008/CE), che prevede criteri un po’ diversi e talora più restrittivi.
Va sottolineato che “Irritante” e’ relativo generalmente agli occhi (tranne solitamente nei prodotti ad alto contenuto di acido citrico o acido lattico, che sono irritanti per la pelle); e’ tutto sommato ragionevole che un detersivo per uso domestico possa essere irritante per gli occhi e possa quindi richiedere un risciacquo in caso di contatto.
Quanto ai detersivi per uso professionale, fra essi sono presenti dei prodotti corrosivi (sempre destinati all’uso con macchine). Tale caratteristica non solo non ne inficia l’ecologicita’, bensi’ la rende piu’ elevata: si sfrutta la capacita’ della sostanza alcalina di saponificare i grassi, con minor bisogno di sostanze chimiche complesse quali i tensioattivi. Ovviamente, il prodotto viene poi risciacquato e diluito nelle acque di scarico, perdendo cosi’ completamente le proprieta’ corrosive.
Le indicazioni “Irritante” e “Corrosivo” (insieme ad alcune altre, come “Nocivo”) sono apposte su sostanze e prodotti che presentano una tossocità di tipo “acuto”. La tossicita’ ACUTA per definizione diminuisce aumentando il grado di diluizione. Per esempio: da “altamente corrosivo” (etichettatura: C R35) si passa a “corrosivo” (C R34), a “fortemente irritante per gli occhi” (Xi R41), a “irritante per gli occhi” (Xi R36), a “nessun effetto” man mano che si diluisce. Esemplari in questo senso sono gli alcali forti, come la soda caustica: fortemente corrosiva se considerata pura, man mano la si scioglie nell’acqua perde via via la sua forza, perché chimicamente si trasforma in sali minerali semplici, che sciolti in acqua, la rendono semplicemente salina e a pH neutro.
Di riflesso, se l’organismo viene esposto a sostanze dotate di sola tossicità acuta al di sotto di una certa soglia di concentrazione (legata al tempo di dimezzamento nell’organismo e alla capacita’ di smaltimento dell’organismo stesso, a seconda della via preferita di escrezione), la tossicita’ e’ intrinsecamente bassa.
Tutt’altro discorso invece si deve fare per la tossicita’ CRONICA, che viene compensata solo in parte dalla diluizione e si manifesta con effetti a lungo termine, legati ad assunzioni anche basse ma frequenti e per lunghi periodi.
E’ legata a caratteristiche quali: cancerogenicita’, mutagenicita’ (azione di modifica del DNA dei tessuti biologici, con aumento delle probabilita’ di effetti cancerogeni), tossicita’ sul ciclo riproduttivo, teratogenicita’ (cancerogenicita’ su embrione e feto), azione come disruptore endocrino, allergenicita’. Di questa parliamo più approfonditamente alla voce SALUTE – Tossicità a lungo termine, genotossicità e dose-soglia.
Tornando all’etichettatura e ai simboli arancioni, le grandi marche di detersivi convenzionali hanno tutte aderito a un’associazione di industrie, l’AISE (legata in Italia ad Assocasa) che, in cambio di alcuni impegni presi su taluni aspetti dell’impatto ambientale e della salute dei cittadini, possono riportare sulle confezioni dei disegni gradevoli (riquadri blu) al posto dei riquadri a sfondo arancione. Il succo del discorso non cambia: i detersivi sono quasi tutti materiali di cui e’ importante evitare il contatto con gli occhi, la manipolazione da parte dei bambini, l’ingestione, etc., qualsiasi sia la forma con cui si esprimono questi concetti.
Se si vuole “spaventare di meno” le persone (e fare un’operazione fondamentalmente di marketing), allora ci si associa all’AISE per avere il permesso di derogare alla legge e usare disegni “piacevoli”.
Se una ditta e’ troppo piccola e non puo’ permettersi questo lusso, dovra’ invece usare la simbologia prevista per legge.