L’acqua ossigenata (H2O2) è una sostanza molto efficace nella disinfezione e nella sbianca di superfici e tessuti. La sua efficacia è in stretta relazione con la sua elevata capacità di reagire con lo sporco, ossidandolo e rompendone le molecole. Tale reattività è data da meccanismi radicalici, dovuti alla presenza nella molecola dello ione perossido (O–): esso è appunto un “radicale libero”, come quelli che vengono citati fra i fattori di invecchiamento delle cellule del nostro corpo, ed è in grado di attaccare e distruggere le cellule, sia “cattive” (come quelle dei microorganismi responsabili delle epidemie da inquinamento delle acque potabili, come il temibile batterio della Legionella, i virus enterici e alcuni protozoi parassiti) sia “buone”, come le cellule del nostro organismo se ci esponiamo direttamente all’azione dello ione perossido.
L’acqua ossigenata è infatti un noto agente mutageno molto forte: viene addirittura utilizzato come standard di riferimento nelle prove di mutagenesi in vitro dai laboratori analitici.
I dati validati che testimoniano la sua aggressività verso le cellule e il loro DNA sono molto numerosi e non lasciano dubbi.
Come possiamo allora considerarla una sostanza utilizzabile per detergere e igienizzare superfici e tessuti senza rischi per la salute?
Bisogna considerare vari aspetti:
- la non persistenza nell’ambiente: l’acqua ossigenata non reagita si trasforma spontaneamente e rapidamente in acqua e ossigeno.
- la non tendenza ad accumularsi nel nostro organismo (Log Kow = -1,5 < 3)
- la non tendenza a diffondersi a livello sistemico dell’eventuale acqua ossigenata penetrata nell’organismo, in quanto la sua azione si esaurisce rapidamente nelle zone di penetrazione.
Consideriamo per un momento un “parente stretto” dell’acqua ossigenata: l’acido peracetico (PAA). Si tratta di un agente disinfettante ad ampio spettro più forte dell’acqua ossigenata, usato per l’abbattimento di inquinanti microbiologici nelle acque reflue, nelle piscine e come ingrediente in prodotti per l’abbattimento della Legionella nelle acque potabili. L’acido peracetico si forma anche per reazione del sodio percarbonato con gli “attivatori di sbianca” (es.: TAED), in alcuni prodotti per il bucato.
E’ molto instabile e corrosivo, ma se viene correttamente dosato in acqua, esso reagisce con le sostanze organiche che formano i microorganismi patogeni e lo sporco, ossidandoli e rompendo le loro molecole; anch’esso reagisce con meccanismo radicalico, come l’acqua ossigenata. Dal residuo non reagito, si formano acido acetico + acqua ossigenata, che successivamente si trasformano in acqua, ossigeno e anidride carbonica.
Esso viene utilizzato nella disinfezione di piscine e acque reflue perché dà molti meno problemi di residui tossici rispetto ai vari trattamenti di clorazione (per esempio, non forma clorammine né trialometani), creando così le condizioni affinché la salute dei cittadini venga davvero tutelata sia dai microorganismi patogeni, sia da sostanze indesiderate dovute alla stessa disinfezione. Non viene utilizzato con successo per la potabilizzazione delle acque di acquedotto semplicemente per un problema relativo alle sue caratteristiche organolettiche: la concentrazione attiva sufficiente per esercitare la disinfezione fa sì che restino residui di acido acetico, dal tipico odore e sapore pungente e l’acqua sa di… aceto!
Chiaramente, si tratta di una sostanza dotata di elevata tossicità acuta (corrosivo, e addirittura esplosivo, in talune condizioni ambientali) e di elevata tossicità a lungo termine (è un forte mutageno). Ma anche di questa sostanza vanno considerati alcuni aspetti:
- la non persistenza nell’ambiente (la sua esistenza è davvero effimera);
- la non tendenza ad accumularsi nel nostro organismo (Log Kow = -1,07 < 3)
Gli scienziati sono concordi nel considerarlo un materiale a basso impatto sulla salute dei cittadini, una volta diluito adeguatamente nell’acqua per gli usi di disinfezione.
Ritorniamo a parlare dell’acqua ossigenata. Il discorso è simile, con la differenza che essa viene impiegata anche per usi domestici. Oltre al consolidato utilizzo del sodio percarbonato, che libera acqua ossigenata quando disciolto in acqua, si sta infatti diffondendo l’uso dell’acqua ossigenata 130 volumi (misura che corrisponde al 35% di concentrazione) per la sbianca casalinga del bucato.
Quest’ultima modalità di utilizzo va necessariamente integrata con una buona informazione sui rischi del contatto dermico diretto e dell’inalazione diretta dei vapori, che vanno il più possibile evitati munendosi di guanti in vinile o nitrile e mantenendo un’adeguata ventilazione dei locali nei quali si effettui un travaso o un dosaggio del prodotto.
Per quanto riguarda l’utilizzo del sodio percarbonato, va toccato il meno possibile con le mani umide e le polveri vanno inalate il meno possibile. In più, qualora si effettui un ammollo in bacinella con questo sale, la biancheria immersa va maneggiata e rimescolata con i guanti. Sarà poi un adeguato risciacquo, a mano o in lavatrice, a rassicurarci sulla completa rimozione di eventuali residui dai tessuti. Ripetiamo che l’acqua ossigenata non reagita, disciolta in acqua, si trasforma rapidamente in acqua e ossigeno.
Sono in corso test di utilizzo dell’acqua ossigenata come sbiancante e igienizzante di tazzine e bicchieri nel lavaggio industriale. Anche in questo caso, non ci sono ragionevolmente dubbi sul fatto che qualsiasi residuo di acqua ossigenata si trasformi rapidamente in acqua + ossigeno, oltre al fatto che tali ulteriori residui (ammesso che l’acqua disciolta in… acqua possa essere chiamata residuo!) vengono sottoposti alla successiva fase del risciacquo.
Bibliografia specifica:
- European Commission Joint Research Centre, Institute for Health and Consumer Protection, European Chemicals Bureau, Ispra (VA) Italy: “HYDROGEN PEROXIDE Summary Risk Assessment Report” – 2003;
- European Chemicals Bureau, Institute for Health and Consumer Protection, European Chemicals Bureau: “HYDROGEN PEROXIDE Risk Assessment, Final Report ” Finland – 2003;
- M. Torregrossa: “Interventi per la disinfezione delle acque” – Giornata di Studio 1 ottobre 2010, Dip. Ingegneria Idraulica ed Appl. Ambientali, Università di Palermo