Sull’indaco, colorante per i jeans

JeansL’indaco è un colorante con la caratteristica tinta blu, usato da decenni per tingere il cotone per i jeans.
Tempo fa mi è stato chiesto un parere sulla sua sicurezza di utilizzo, parere che solo ora ho deciso di pubblicare.
Con mio stupore, ho trovato molto materiale che porta a dubitare sull’opportunità di utilizzarlo, soprattutto per gli indumenti destinati ai bambini.

L’indaco è un alcaloide e può essere di origine naturale o sintetica. In entrambi i casi il componente principale è la sostanza bioaccumulabile denominata indigotina.
L’una e l’altra forma sono state sottoposte a numerose indagini, che tuttavia non sono state risolutive in quanto, nonostante i dubbi sulla sua sicurezza dovuti all’incompletezza delle stime tossicologiche pur in presenza di dati preoccupanti (si veda il documento del 2004 SCCNFP/0790/04 del Comitato Scientifico Europeo sui Prodotti Cosmetici e Non Food), nessuno ha pensato di introdurre limitazioni.

Alcuni studi non recenti (anni ’90) già lo consideravano mutageno all’Ames test, specialmente se estratto con alcooli. Ci sono studi e valutazioni recenti (2009) che mettono in guardia dall’utilizzare indaco “fatto in casa”.
Fra gli studi di Ames, quelli con i dati più preoccupanti sono quelli fatti utilizzando il metodo dell’attivazione metabolica, ossia l’indaco fatto “metabolizzare” da una miscela di enzimi simili a quelli che utilizza il corpo umano per metabolizzare le sostanze. Il metabolismo trasforma una sostanza in “metaboliti”, ossia in altre sostanze assimilabili; la prova fatta in queste condizioni è quindi molto interessante, perché considera anche la tossicità verso il DNA delle sostanze che si formano nel nostro metabolismo.

Uno studio svedese del 1994, fatto proprio sui jeans e non solo sulle singole molecole, aveva rilevato che l’indaco è molto affine agli stessi recettori delle diossine e, considerando questo aspetto, proponeva alla comunità scientifica di indagare sulla possibilità che possa esserci correlazione con il tumore alla vescica e con i tumori della pelle UV indotti.
In questo studio si evidenzia anche il fatto che il cotone non sbiancato con ipoclorito risulti meno tossico.

La polvere di indaco estratta in acqua e non in alcool etilico o in metanolo parrebbe più  sana. Però uno studio del 2012, che testimonia l’elevata mutagenicità dei componenti dell’indaco (indigotina, etc.) proprio verso i linfociti umani, la mutagenicità parrebbe indipendente dal mezzo di estrazione (acquoso o alcoolico): si parla di molecole pure di indigotina (ossia l’indaco stesso), 6-bromo indigotina, indirubina e 6-bromo indirubina (tutti pigmenti dati da piante facenti parte della famiglia delle indigoidi).

Un recentissimo documento dell’EFSA (Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare), datato 25 luglio 2014, valuta l’additivo alimentare Indigo Carmine (E132), un derivato solfonato dell’indaco, considerandolo sicuro alle dosi stabilite. Fra i vari sinonimi con cui viene identificato, vi è il termine “indigotina” già utilizzato per l’altra molecola. L’identificativo chimico, tuttavia, è diverso e chiarisce l’ambiguità.