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Perché quando vedo “PVC in offerta” mi vengono i brividi…

Il PVC (polivinil cloruro) è un materiale largamente utilizzato e diffuso nella vita di tutti i giorni: tubi dell’acqua, giocattoli rigidi o semirigidi (bambolotti, piccoli giocattoli), giochi gonfiabili, parti di automobili, vestiti impermeabili, utensili da cucina, teli per camion e nautica, teli per capannoni e tensostrutture, bottiglie e contenitori per alimenti, adesivi e vetrofanie, dispositivi medico-chirurgici, calzature, pelletteria, etc.

Dal punto di vista dell’ambiente e della salute, questa diffusione è molto inquietante per una serie di ragioni:

  • la produzione presenta delle criticità: il “monomero” con cui viene prodotto questo tipo di plastica (che è un “polimero”, ossia una specie di collana formata da tanti anellini, ognuno dei quali è un monomero) è il tristemente famoso MVC (monovinil cloruro), che tanti danni ha creato a Marghera e in altre zone d’Italia prima che le normative sui residui nell’ambiente fossero rese più restrittive. Alla sua azione cancerogena sono potenzialmente esposti soprattutto i lavoratori addetti alla produzione di PVC, ma non solo: il MVC viene rilasciato lentamente anche dal PVC esposto a lungo al sole.
  • le sostanze che vengono aggiunte nella fase di produzione, dette “plastificanti“, possono anch’esse essere sprigionate nel tempo dal PVC. Fra esse vi sono gli ftalati, sostanze dotate di varie tossicità a lungo termine, fra cui l’interferenza con il sistema endocrino. A tal proposito, si veda questo mio articolo.
  • la combustione incontrollata o mal gestita del PVC porta alla formazione delle diossine, che sono fra i maggiori cancerogeni esistenti. Tale tipo di combustione si verifica, per esempio, quando viene appiccato il fuoco alla spazzatura, come accade talvolta in alcune zone d’Italia denominate “terre dei fuochi”: in questi focherelli le temperature di combustione sono troppo basse. La temperatura alla quale le diossine eventualmente presenti vengono distrutte è infatti ben 800°C; negli inceneritori in cui le diossine vengono “intrappolate” e distrutte prima che escano nell’ambiente, come quello di Brescia, le temperature delle camere di abbattimento delle diossine superano i 1000°C.

Ecco perché, quando leggo che il tal prodotto in PVC è “in offerta” mi vengono i brividi: bisognerebbe davvero che cambiasse la cultura dell’utilizzo dei materiali plastici e che l’uso del PVC, in particolare, venisse limitato agli oggetti strettamente necessari (medicali e simili), mentre per gli altri usi lo si sostituisse con qualcosa di meno pericoloso. A partire dalla produzione di giocattoli.

Bibliografia breve: sito AIRC con vari link istituzionali; numerosi articoli di letteratura scientifica, fra cui per esempio M. Zhang et al. “Dioxins and polyvinylchloride in combustion and fires”, Waste Manag Res. 2015.

Pesce affumicato

Salmone_affumicatoSapevate che… il fumo “liquido” è più salutare del caro, vecchio “genuino” fumo di legna?

Torniamo indietro di qualche passo… Nelle combustioni incomplete di sostanze organiche (ossia sostanze a base di catene di carbonio, fra cui troviamo i tessuti biologici) si creano composti chimici di grande pericolosità, gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici). Il più pericoloso di questi composti è denominato benzo-a-pirene, classificato come cancerogeno per l’Uomo (Carc1). È persistente nell’ambiente e bioaccumulabile; è un genotossico (ossia dannoso per geni e DNA) ed è incluso nella lista di 564 sostanze sospettate di essere interferenti endocrini. Insomma, pur se naturale… è del tutto indesiderato nel nostro organismo! Gli altri IPA sono “parenti” chimici del benzo-a-pirene, che con lui hanno in comune la struttura chimica di base (alcuni anelli benzenici collegati insieme… il benzo-a-pirene ne ha 5) e in parte la tossicità. Meglio esporvisi il meno possibile…

Attraverso l’alimentazione, si possono assumere IPA soprattutto con gli alimenti grigliati, il pesce affumicato, cozze vongole e crostacei allevati in acque inquinate, insalate e verdure a foglia larga coltivati in zone con forte inquinamento atmosferico.

Pesci_affumicatiL’affumicatura è uno dei processi che creano IPA. Pesce, carne, formaggio, ma anche cereali e tè (in alcuni Paesi le pratiche di affumicatura vengono applicate anche a questi alimenti), specialmente se trattati a livello domestico, possono contenere livelli veramente alti di queste sostanze indesiderate.

Chi preferisce l’affumicatura diretta, credendola più sana e genuina, si ricreda: è quella che espone alle concentrazioni più elevate di IPA. Le modalità di affumicatura che riducono maggiormente gli IPA sono: il trattamento con il “fumo liquido” e l’affumicatura indiretta.

Il “fumo liquido” è un aromatizzante prodotto dal fumo “naturale”, sottoponendo quest’ultimo a processi di condensazione e purificazione, proprio al fine di rimuovere la maggior parte degli IPA. Mediamente la concentrazione si riduce a un decimo rispetto al fumo diretto.

L’affumicatura indiretta è effettuata a livello industriale in condizioni controllate, con il fumo prodotto esternamente rispetto alla camera di affumicatura. L’abbattimento degli IPA è paragonabile al procedimento precedente.

Fonti: ISS (Istituto Superiore di Sanità), IARC (International Agency for Research on Cancer)

Sugli ftalati

Paperelle_PVCGli ftalati sono sostanze chimiche utilizzate soprattutto per rendere morbide e flessibili le materie plastiche, in particolare il PVC. Sono usati nei cosmetici e nei prodotti per la cura della persona, fra cui profumi, lacche per capelli, saponi, shampoo, smalti per unghie e idratanti per la pelle. Sono contenuti in prodotti di consumo come giocattoli in plastica morbida, tende per doccia, carta da parati, tendine, imballaggi per cibarie (fra cui la parte interna dei tappi in metallo) e pellicole protettive.
Sono usati anche in finiture per legno, vernici, inchiostri, detersivi, adesivi, tubi in plastica per impianti idraulici, tubi e sacche per sangue e altri usi medici, solventi, insetticidi, presidi medici, materiali da costruzione e pavimentazioni in PVC.
Fino al 1999 sono stati usati anche in ciucci, sonaglini e oggetti per la dentizione dei bambini.

Gli ftalati e i loro metaboliti (ossia il risultato della assimilazione e digestione di queste sostanze) sono stati ritrovati nel sangue di molte persone.

Inchiostri_ftalatiIl Di(2-ethylhexyl)phthalate (DEHP) è sotto esame in quanto possibilmente cancerogeno per l’Uomo e possibilmente tossico per il ciclo riproduttivo dei neonati assistiti medicalmente con tubetti che lo contengano. È negativo all’Ames test per numerosi ceppi di Salmonella (mutagenesi); è però cancerogeno per ratti, topi e porcellini d’India, nonché promotore di tumori. È bioaccumulabile (Log Kow = 7,45 > 3), quindi nel tempo ha la tendenza ad accrescere la propria concentrazione nell’organismo, qualora l’organismo vi sia continuamente esposto.

Il Di-n-butyl phthalate (DBP) si è dimostrato particolarmente attivo come tossico per il ciclo riproduttivo degli animali. Anch’esso è bioaccumulabile (Log Kow = 4,9).

Fra gli altri, il Diethyl phthalate è quello che finora ha insospettito meno: non è classificabile come cancerogeno; in più, non ha tendenza alla bioaccumulazione (Log Kow = 2,47 < 3). Viene quindi permesso il suo utilizzo nelle fragranze per cosmetici, detersivi e profumi.

Tuttavia, gli ftalati sono tutti sospettati di svolgere attività di interferenza con il sistema endocrino; pertanto, anche l’uso di sostanze come il diethyl phthalate pone un serio dubbio sulla sicurezza.

[Fonti: U.S. National Library of Medicine; U.S. Agency for Toxic Substances and Disease Registry; IARC].

Sulle diossine e i PCB

Trucioli_legnoIn uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Epidemiologia e Prevenzione (novembre-dicembre 2014) si conferma l’esistenza di diossine, seppur in piccole quantità, nelle ceneri di combustione di scarti di legno e trucioli.

Ciò è risultato dal monitoraggio dell’esposizione degli addetti alla manutenzione di caldaie funzionanti a legno, che risultano esposti anche alle polveri di legno (con le relative problematiche).

L’articolo suggerisce che la potenziale esposizione a ceneri contenenti diossine oltre che a polveri di legno possa esserci anche in altre situazioni analoghe.

Ma le diossine… che cosa sono?

Si tratta di composti chimici aromatici (ossia dotati di anelli benzenici) policlorurati (ossia dotati di atomi di cloro legati alla molecola); sono 210 tipi di molecole e sono suddivisi nelle vere e proprie “diossine” (PCDD, dibenzo-p-diossine) e nei “furani” (PCDF, dibenzo-p-furani).  A questi composti si aggiungono i diossina-simili PCB (policlorobifenili), in numero di 209 tipi di molecole (congeneri). Sono quasi tutte sostanze prodotte dall’Uomo e hanno tutti caratteristiche ecologiche e tossicologiche particolarmente preoccupanti: sono chimicamente molto stabili, quindi difficili da demolire (tempo di dimezzamento: 9-15 anni negli strati superficiali del suolo, 25-100 anni in profondità), non biodegradabili e perciò persistenti nell’ambiente; sono molto tossici per l’Uomo e per gli esseri viventi; sono liposolubili e bioaccumulabili, ossia, una volta entrate nell’organismo, si legano alle molecole di grasso nei cuscinetti adiposi (oltre che nel latte materno), senza essere eliminate attraverso l’urina. Nell’acqua non si sciolgono bene; tuttavia vengono intrappolate alle sostanze minerali porose (adsorbimento), oppure si legano fortemente alle sostanze organiche che vengono trasportate dalla corrente dei corsi d’acqua, quindi alla fine si diffondono ugualmente (APAT 2006).

MuccaEssendo bioaccumulabili, la loro concentrazione aumenta man mano si sale nella catena alimentare: se un’erba contenente poche diossine viene ingerita da una mucca in grande quantità, la concentrazione di diossine nella mucca e nel suo latte sarà molto più elevata rispetto a quella di partenza (biomagnificazione).
Secondo l’EPA statunitense (dati 2004), il 95% delle diossine e dei PCB si assume attraverso cibi contaminati, in particolare carne di manzo, latte e latticini, pesce d’acqua dolce. La riduzione dei grassi animali nella dieta sembra la via più indicata per abbassare l’esposizione a queste sostanze.

Va detto che non tutte le diossine hanno la medesima tossicità: alcune sono molto preoccupanti, altre meno. Le seconde, per esempio, presentano una bassa “biodisponibilità”, ossia una bassa tendenza a passare nella catena alimentare a causa di altri fattori.

Gli effetti biologici principali sull’Uomo sono a carico del sistema immunitario (danneggiamento dei linfociti) e del sistema endocrino (interferenza con l’attività degli ormoni). Sullo sviluppo fetale le diossine sono particolarmente dannose, alterando oltre al sistema immunitario anche il sistema nervoso (con problematiche comportamentali) e la tiroide.
La diossina più spiacevole è la TCDD (2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina), classificata come cancerogeno per l’Uomo: in particolare sarcomi dei tessuti molli, tumori al polmone, linfomi non-Hodgkin, ma con aumento anche di altre forme di cancro (fonte IARC 2012). I PCB sono attualmente sotto esame per la cancerogenicità, con particolare attenzione per i linfomi non-Hodgkin, melanomi e tumori al seno.

Fuoco_di_legnaLe diossine non sono prodotte intenzionalmente, bensì sono “scarti” di reazioni chimiche come la combustione di plastiche e composti clorurati (fra cui il pesticida e biocida per il legname pentaclorofenolo, le cloroparaffine negli olii esausti, la candeggina e gli altri composti inorganici del cloro) a temperatura troppo bassa. Si possono creare durante i processi di spegnimento e riaccensione degli inceneritori per rifiuti, processi che hanno luogo ogni qualche mese per manutenzione ordinaria; anche gli altiforni delle acciaierie sono sorgenti di queste sostanze.
I PCB invece erano prodotti in passato volutamente, come materiale isolante negli isolatori elettrici e come additivi per utilizzi vari, prima che si scoprisse la loro elevata tossicità. I PCB sono fra i precursori delle diossine, in caso di combustione.

Sostanze tossiche nei materiali a contatto con gli alimenti: capitolo primo

Bottiglia_plasticaQuando acquistiamo un alimento confezionato, il primo pensiero va alla sicurezza sull’igiene, al fatto che ci dà maggiori garanzie di non contaminazione da batteri. Non si pensa che potrebbero essere rilasciate sostanze non gradite al nostro organismo proprio dai materiali di imballaggio.

Ci sono studi recenti che testimoniano proprio questo. L‘Istituto Superiore di Sanità fa sapere che fra le istituzioni europee c’è preoccupazione in merito; alcuni enti ritenuti autorevoli, fra cui il Food Packaging Forum, stanno raccogliendo dati a dimostrazione della necessità di approvare leggi restrittive sulle sostanze da usarsi per la produzione di materiali destinati al contatto con gli alimenti.  A titolo di esempio, citerò qui alcune fra le sostanze che vengono segnalate fra quelle cedute da contenitori in plastica approvati per alimenti: conservanti tossici (formaldeide, acetaldeide); metalli pesanti (fra cui composti organostannici); additivi per la plastica non adatti all’alimentazione (stabilizzanti per raggi UV, ritardanti di fiamma bromurati, plastificanti); sostanze con funzioni varie ormai proibite in altri settori in quanto interferenti endocrini (nonilfenoli, cloruro di vinile, ftalati, bisfenolo A, stirene).
Tutte queste sostanze, alcune dalle tossicità davvero preoccupanti, vengono quotidianamente ingerite da adulti e bambini tramite l’assunzione di bibite, yogurt e latticini, svariati alimenti contenuti in sacchetti, scatole, bottiglie…

Fra le prime nazioni a prendere posizione su questi argomenti vi è la Francia, che sta mettendo al bando il bisfenolo A non solo nei materiali destinati all’uso interno, ma anche per quelli destinati all’esportazione, per senso di responsabilità verso i cittadini non francesi. Un aspetto inquietante riguarda tuttavia l’atteggiamento di talune industrie produttrici di tali materiali, che si oppongono a questo intervento chiedendo misure più blande (con la richiesta di “non spaventare i cittadini”); anzi, nel giugno 2013 Plastics Europe, l’Associazione Europea Produttori Plastica, ha addirittura denunciato la Francia alla Commissione Europea per presunte violazioni dei diritti delle industrie. Fortunatamente per i cittadini, l’ECHA (l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche) e l’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) si stanno muovendo per dimostrare che la decisione della Francia è ben motivata e il bando del bisfenolo A avrà un seguito e una diffusione.

Il problema che sorge ora però è: le sostanze che già da tempo vengono utilizzate al posto del bisfenolo A (per esempio nei biberon in plastica) sono davvero sicure? E le altre sostanze di vario genere, quali conseguenze possono avere sulla salute dei consumatori? Gli studi sono in corso e le risposte che iniziano ad esserci non sono sempre confortanti…

Il seguito alla prossima puntata!

Sul Cyclotetrasiloxane

Capelli_lisciQuesta sostanza (detta anche Ciclotetrasilossano, D4, Octamethylcyclotetrasiloxane o, più genericamente, Cyclomethicone) è un silicone e viene utilizzata in cosmetica come “agente emolliente, antistatico, condizionatore cutaneo e dei capelli e come solvente per le sue proprietà volatili, la sua idrofobicità e per la sua bassa tensione superficiale” (dal sito www.farmacovigilanza.org/cosmetovigilanza/). Viene usata anche nell’industria chimica per vari utilizzi, tanto da essere una sostanza ad alto volume di produzione HPV (High Volume Production), essendo prodotta in quantità che vanno da 100.000 a 500.000 tonnellate/anno.

Come tutti i Dimethyl siloxanes (categoria di siliconi), è resistente alla biodegradazione. Fortunatamente è molto volatile e fotodegradabile, con tempi di dimezzamento alla luce solare piuttosto brevi (5,2 giorni). La tossicità per gli organismi acquatici è generalmente bassa. [Fonti: Toxnet; Ministero Ambiente). Però è mia opinione che i siliconi (pure quelli volatili), quando entrano in falda acquifera, oltre a non subìre alcuna fotodegradazione causa la mancata esposizione al sole, sono critici in quanto possono rendere impermeabili le membrane naturali che abitualmente lasciano passare l’acqua (semipermeabili), come le zone sabbiose di filtrazione dell’acqua di fonte, oppure le membrane presenti nelle radici delle piante.

Criticità tossicologiche

Si tratta di una sostanza classificata ed etichettata come Tossico per la riproduzione Cat. 2, con l’indicazione di pericolo “Sospettato di nuocere alla fertilità o al feto”ai sensi del Regolamento CLP nr 1272/2008/CE sulla classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele (Regolamento emesso dalla Commissione Europea). Nonostante ciò, il Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori (SCCS), organo della stessa Commissione Europea, permette che venga utilizzato nei prodotti cosmetici. Il documento del dicembre 2005 (scarica qui) riporta, a pagina 38, la seguente contraddittoria affermazione, molto indicativa:

“Conclusions on Reproductive Toxicity -There is no evidence that D4 causes developmental toxicity in rats or rabbits or an adverse effect on male rat fertility. However, effects on female rat fertility were identified.”

E infatti i dati ci sono…

Tuttavia, la valutazione finale ha permesso alla sostanza di essere comunque utilizzata come ingrediente, in quanto il Reg nr 1223/2009/CE sui prodotti cosmetici (Regolamento emesso dalla Commissione Europea) non ne limita l’utilizzo. Questa sostanza è anche sospettata di essere un interferente endocrino (DHI, Danish Hydraulic Institute).

L’agenzia francese del farmaco (http://ansm.sante.fr) ha proposto di effettuare prove di cancerogenicità su questa sostanza. Vedremo come andrà a finire…

Attenzione a costumi e trucchi di Carnevale con sostanze tossiche!

MascherineRiporto qui il decalogo del Ministero della Salute che invita gli adulti, in particolare i genitori, a fare attenzione alle insidie che possono nascondersi dietro le maschere, i costumi e i gadget venduti in occasione del Carnevale:

  1. Non spruzzare schiume e stelle filanti spray negli occhi. Non sono giocattoli e si rischiano gravi danni alla cornea. Attento anche a non spruzzarle addosso alle persone o sui vestiti: potrebbero comunque raggiungere la pelle e il viso
  2. Non usare schiume e spray in vicinanza di fiamme, anche piccole come le candeline per le torte. Molti di questi articoli sono infiammabili ma spesso l’etichetta non riporta correttamente l’indicazione di infiammabilità
  3. Controlla le maschere decorate con glitter e brillantini colorati. I brillantini possono staccarsi e penetrare facilmente negli occhi, nel naso e nella bocca
  4. Attento alle piccole parti dei costumi, come i bottoni, facilmente staccabili (se ingoiati possono provocare soffocamento, soprattutto nei bambini più piccoli) o i laccetti presenti nella zona del collo (se afferrati e stretti inavvertitamente possono provocare strangolamento)
  5. Annusa il tessuto del costume e i materiali dei gadget. Se danno cattivo odore, non farli indossare al tuo bambino: potrebbero contenere formammide, una sostanza tossica se inalata o ingerita dal bambino; attenti inoltre alla presenza di alti livelli di ftalati, usati per rendere mordido il prodotto, anch’essi tossici se masticati o succhiati
  6. Quando acquisti un costume leggi bene l’etichetta e fai attenzione che sia classificato come giocattolo (marchio CE). Solo così avrai la garanzia di “non infiammabilità”. Il pericolo maggiore dei vestiti è legato proprio a tessuti e materiali che prendono fuoco facilmente
  7. Scegli con attenzione gadget e accessori delle maschere (spade, lance, cappelli, caschi, occhiali, fasce). Possono presentare parti metalliche taglienti
  8. Trucca il tuo bambino con cosmetici sicuri e non scaduti. Preferisci prodotti ipoallergenici, adatti all’età. Controlla sempre l’etichetta (data di scadenza o “PAO”, periodo di tempo in cui il prodotto può essere utilizzato una volta aperto); i trucchi a basso prezzo e non acquistati nei canali di vendita autorizzati danno minori garanzie di sicurezza
  9. Prima di truccare il tuo bambino, testa il prodotto su un lembo della sua pelle (generalmente dietro l’orecchio) per saggiare un’eventuale sensibilità. Per rimuovere tutto, meglio utilizzare uno struccante delicato e, subito dopo, sciacquare il viso del bambino con abbondante acqua
  10. Evita di applicare il trucco sulla pelle non pulita bene e sulle parti delicate del bambino (occhi e bocca) per evitare che venga ingerito inavvertitamente o irritare la congiuntiva e le mucose.

Altre informazioni più approfondite alla pagina del sito del Ministero.

Sul bisfenolo A

ScontriniIl bisfenolo A (BPA, C.A.S. nr. 80-05-7) e’ una sostanza di base nella produzione di plastiche utilizzate per la conservazione di alimenti, in particolare il policarbonato, ma anche alcune plastiche “sostitutive” ; e’ presente anche in molte paste per otturazioni dentarie e nella carta termica (scontrini, vecchi fax).

Il policarbonato è una plastica trasparente molto rigida, contrassegnata sul fondo dei contenitori dal numero 7 all’interno del simbolo con le freccette; è stato molto utilizzato per la produzione di biberon, attualmente è presente in cucina sottoforma di contenitori per alimenti.

Il bisfenolo A è sotto accusa per essere un interferente endocrino.
Dalle banche dati (RTECS e altre) vediamo che presenta inoltre tutta una serie di caratteristiche interessanti:

  • e’ bioaccumulabile nei tessuti adiposi (Log Kow = 3,32) e, come tale, trasmissibile al lattante attraverso il latte materno;
  • e’ un notevole genotossico;
  • e’ un notevole teratogeno (tossico per il feto in formazione).

Genotossicita’: fra i numerosi dati, spicca la formazione di micronuclei in linfociti umani a 12,3 mg/L/22h. Cio’ significa che siamo di fronte a una sostanza molto aggressiva verso il DNA delle cellule umane esaminate (linfociti), tanto che il sistema immunitario non e’ in grado di contrastare la formazione dei micronuclei (indicativi della forza di questo mutageno, unitamente alla bassa concentrazione gia’ sufficiente per rilevarne la tossicita’).

Teratogenicita’: fra i numerosi dati spiccano le anomalie neurologiche in feti di mammiferi (ratti) a 20 ug/Kg. Si tratta di una concentrazione attiva particolarmente bassa, ossia e’ sufficiente pochissima sostanza per manifestare l’azione tossica; pertanto, se si dovesse verificare che l’essere umano e’ in questo caso, come in numerosi casi, affine al ratto per risposta all’azione tossica, il dato sarebbe particolarmente preoccupante.

Per quanto riguarda l’interferenza con il sistema endocrino, troviamo dati sui ratti con concentrazioni molto preoccupanti (100 ug/Kg subcutaneo in topo; 5,9 mg/Kg subcutaneo in ratto; etc.).

L’Istituto Superiore di Sanita’ ha pubblicato approfondimenti a cura di Alberto Mantovani e Francesca Baldi – Reparto di Tossicologia Alimentare e Veterinaria – ISS, con alcune spiegazioni e indicazioni utili sui modi per diminuire l’esposizione a questa sostanza tossica. Eccone un estratto:

  • Non usare contenitori alimentari in policarbonato nel microonde. Il policarbonato è forte e durevole, ma con l’usura causata dal tempo e dalle temperature elevate potrebbe rilasciare BPA.
  • Ridurre l’uso di cibi in scatola, in particolare per i cibi caldi o liquidi. Optare, invece, per vetro, porcellana o contenitori di acciaio inox senza rivestimenti interni in plastica.
  • Se si vive in un paese extra-UE, scegliere biberon privi di BPA (in Europa, i biberon sono esenti da BPA già da anni).
  • Quando si usa una bottiglia di acqua in plastica, non ri-utilizzare più volte.
  • Adottare una accurata igiene orale in modo da ridurre la necessità di cure dentali.
  • Indossare i guanti se si maneggiano molti scontrini in carta termica.