Mi sono iscritta a un bel convegno/corso di aggiornamento organizzato da alcuni fra i miei professori presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Brescia, il SiCon 2014 “SITI CONTAMINATI. Esperienze negli interventi di risanamento”. Due giorni e mezzo di trattazioni sulla normativa che riguarda le bonifiche e soprattutto sulle tecniche più innovative ed efficaci per l’abbattimento degli inquinanti nelle falde acquifere e nei sedimenti.
La bioremediation è un approccio particolarmente interessante per eliminare inquinanti da una falda o da un terreno, in quanto utilizza organismi (batteri o piante a seconda dei casi) in grado di adattare il proprio metabolismo e contribuire alla biodegradazione, alla trasformazione chimica o all’intrappolamento degli inquinanti.
Generalmente viene applicata dopo aver asportato o trattato in situ la maggior parte di inquinante mediante tecniche fisiche o chimiche; quando le concentrazioni restano tossiche per l’uomo, ma sono sufficientemente basse da essere compatibili con la vita di microorganismi o di vegetali, allora si può applicare una tecnica di biorisanamento.
Falde inquinate da composti aromatici cancerogeni quali benzene e toluene (BTEX) possono essere insufflate con bollicine di ossigeno, per creare un ambiente favorevole ai batteri biodegradatori: i batteri buoni vengono invogliati, talvolta aggiungendo microelementi e nutrienti vari, a mangiarsi questi composti altrimenti piuttosto indigesti, con la trasformazione finale (mineralizzazione) degli inquinanti a anidride carbonica e acqua [Esperienza di Ambienthesis spa].
Fanghi di dragaggio, contaminati soprattutto da idrocarburi a catena lunga (nafte), possono essere trattati con biopile dinamiche, in cui i fanghi e terreni vengono setacciati, poi conservati in luoghi coperti nei quali vengono periodicamente aerati e umidificati, allo scopo di favorire l’insediarsi dei batteri “buoni” che biodegradano le sostanze. Non solo: questi batteri, al pari di quelli che “lavorano” nei depuratori, sono in grado di competere con i batteri patogeni eventualmente presenti (Escherichia coli, Clostridium perfringens) e di sconfiggerli! [Esperienza di Sistemi Ambientali srl]
Falde inquinate da cromo esavalente (Cr VI) possono essere addizionate di batteri il cui metabolismo viene stimolato a trasformare il tossico cromo esavalente nel non tossico cromo trivalente (Cr III), mediante una reazione di riduzione simile a quella effettuata con reagenti chimici. [Esperienza di Biosearch Ambiente srl].
Sono in corso studi sulla possibilità di applicare tale metodica all’abbattimento dei PCB (policlorobifenili), ma ci sono difficoltà tecniche che vanno superate tramite studi ulteriori. Lavori in corso…
Presso il SIN (Sito di Interesse Nazionale) Brescia-Caffaro, interessata da inquinamento di PCB, solventi clorurati, tetracloruro di carbonio e metalli pesanti, l’ERSAF Lombardia (Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste) sta iniziando la sperimentazione di coltivazioni e piantumazioni nella zona agricola del sito con varie finalità (riduzione delle polveri volatili e del dilavamento, concentrazione degli inquinanti nelle erbe sfalciabili) volte a ridurre l’esposizione della popolazione e dell’ambiente agli inquinanti.
Le Università di Brescia, Roma (Sapienza) e Catania sono in prima linea nella lotta agli inquinanti e nel cercare sempre nuove tecniche; non solo, anche molti enti (ISS, CNR e altri) e aziende fanno ricerca e fanno vera innovazione. Questo è positivo e confortante…