Sull’Artemisia annua

ArtemisiaMi è stato chiesto un parere sulle notizie che attribuirebbero alla pianta Artemisia annua una grande efficacia come antitumorale. Premetto e ricordo a chi legge che io non sono un medico, bensì un chimico che si è votato alla prevenzione dell’esposizione dei cittadini a sostanze tossiche; posso comunque esprimere il mio parere sulla base delle mie conoscenze e della documentazione a me accessibile.

Innanzitutto va detto che già esistono numerosi chemioterapici di origine naturale, fra cui gli alcaloidi della Vinca (vincristina, vinblastina, vindesina, vinorelbina), l’asparaginasi e altri: tutti farmaci molto attivi, già presenti da molti anni nei protocolli di cure antitumorali. Nell’articolo pubblicato nel 2012 dal Journal of Biomedicine and Biotechnology Volume 2012, Art ID 247597 (visionabile qui), si dice che l’artemisinina (la sostanza attiva principale finora individuata) si è rivelata efficace in varie prove in vitro e che un farmaco con questo principio attivo potrebbe efficacemente abbinarsi ad altri farmaci anticancro. Tutto questo è interessante e promettente. Però si dice anche che esiste la possibilità che si crei resistenza alle cure in taluni tipi di tumore, indotta dall’artemisinina; questo va verificato e analizzato con molta attenzione.

Va ricordato che i tumori sono di svariati tipi e che una cura efficace per un tipo può non esserlo per nulla nei confronti di un altro; anche per questa ragione, il tempo necessario agli scienziati per effettuare studi mirati è talvolta lungo, più di quanto desidereremmo…

È importante che su ogni sostanza vengano effettuate verifiche di tossicità acuta e di tossicità a lungo termine. Per quanto riguarda le tossicità a lungo termine, un esempio può essere costituito da un’altra pianta della stessa famiglia, l’Artemisia alba: quest’ultima è tossica per il ciclo riproduttivo e teratogena per mammiferi a dosi preoccupanti (300 mg/kg bw). Quando anche sull’Artemisia annua saranno stati effettuati test di tossicità a lungo termine (fra cui la mutagenicità e la tossicità per il ciclo riproduttivo), gli scienziati potranno valutare il rapporto rischio/beneficio dei farmaci che eventualmente potranno contenerla.

Gli infusi di Artemisia annua hanno azione antimalarica, attribuita al principio attivo artemisinina. Uno studio pubblicato su Toxnet [ J Ethnopharmacol. 2012, Jun 14; 141(3):854-9]  evidenzia che sia l’infuso di Artemisia annua sia l’infuso di Artemisia afra mostrano una spiccata attività anti-HIV; poiché l’Artemisia afra non contiene artemisinina, si suppone che l’attività anti-HIV sia da attribuirsi ad altri agenti attivi ancora da indagare. Questa scoperta potrebbe avere delle ricadute anche negli studi sulle cure anticancro, aprendo nuovi scenari.

Concludo riassumendo così: nonostante i primi risultati positivi è bene non farsi prendere da facili entusiasmi, ricordando che il passaggio dalla provetta all’uomo è importante e va accompagnato da numerose e lunghe verifiche.

Sostanze tossiche nei materiali a contatto con gli alimenti: capitolo primo

Bottiglia_plasticaQuando acquistiamo un alimento confezionato, il primo pensiero va alla sicurezza sull’igiene, al fatto che ci dà maggiori garanzie di non contaminazione da batteri. Non si pensa che potrebbero essere rilasciate sostanze non gradite al nostro organismo proprio dai materiali di imballaggio.

Ci sono studi recenti che testimoniano proprio questo. L‘Istituto Superiore di Sanità fa sapere che fra le istituzioni europee c’è preoccupazione in merito; alcuni enti ritenuti autorevoli, fra cui il Food Packaging Forum, stanno raccogliendo dati a dimostrazione della necessità di approvare leggi restrittive sulle sostanze da usarsi per la produzione di materiali destinati al contatto con gli alimenti.  A titolo di esempio, citerò qui alcune fra le sostanze che vengono segnalate fra quelle cedute da contenitori in plastica approvati per alimenti: conservanti tossici (formaldeide, acetaldeide); metalli pesanti (fra cui composti organostannici); additivi per la plastica non adatti all’alimentazione (stabilizzanti per raggi UV, ritardanti di fiamma bromurati, plastificanti); sostanze con funzioni varie ormai proibite in altri settori in quanto interferenti endocrini (nonilfenoli, cloruro di vinile, ftalati, bisfenolo A, stirene).
Tutte queste sostanze, alcune dalle tossicità davvero preoccupanti, vengono quotidianamente ingerite da adulti e bambini tramite l’assunzione di bibite, yogurt e latticini, svariati alimenti contenuti in sacchetti, scatole, bottiglie…

Fra le prime nazioni a prendere posizione su questi argomenti vi è la Francia, che sta mettendo al bando il bisfenolo A non solo nei materiali destinati all’uso interno, ma anche per quelli destinati all’esportazione, per senso di responsabilità verso i cittadini non francesi. Un aspetto inquietante riguarda tuttavia l’atteggiamento di talune industrie produttrici di tali materiali, che si oppongono a questo intervento chiedendo misure più blande (con la richiesta di “non spaventare i cittadini”); anzi, nel giugno 2013 Plastics Europe, l’Associazione Europea Produttori Plastica, ha addirittura denunciato la Francia alla Commissione Europea per presunte violazioni dei diritti delle industrie. Fortunatamente per i cittadini, l’ECHA (l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche) e l’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) si stanno muovendo per dimostrare che la decisione della Francia è ben motivata e il bando del bisfenolo A avrà un seguito e una diffusione.

Il problema che sorge ora però è: le sostanze che già da tempo vengono utilizzate al posto del bisfenolo A (per esempio nei biberon in plastica) sono davvero sicure? E le altre sostanze di vario genere, quali conseguenze possono avere sulla salute dei consumatori? Gli studi sono in corso e le risposte che iniziano ad esserci non sono sempre confortanti…

Il seguito alla prossima puntata!